Sicilia, violenza alle donne “in famiglia”. Nel 75% dei casi il bruto è il partner

Lo stalking fa più notizia ma si attesta a percentuali nettamente inferiori rispetto ai maltrattamenti tra le mura domestiche. La maggior parte di esse ha tra i 31 ed i 40 anni. Crescono le richieste d’aiuto di minorenni
PALERMO – “Non possiamo andare avanti solo con il volontariato: ci vuole un aiuto concreto dagli enti locali, rinforzando la rete esistente e puntando su investimenti per aiutare un settore che si sostiene da sé”. Questo è il succo delle parole di Loredana Piazza, responsabile del Centro Antiviolenza Thamaia di Catania, padrona di casa durante la conferenza stampa di sabato 26 novembre, in cui è stato presentato il Coordinamento regionale dei centri antiviolenza. Le tre realtà siciliane che aderiscono all’Associazione Nazionale Di.Re. hanno commemorato la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne con tre incontri, uno a Palermo, uno a Messina e uno appunto nel capoluogo etneo, presentando contemporaneamente anche i dati degli ultimi dieci anni.
Messina. I dati raccolti dal Centro donne antiviolenza (Cedav) si riferiscono al decennio tra il 2000 e il 2011. In questo periodo, si sono rivolte 610 donne all’associazione, di cui 507 hanno poi richiesto dei servizi. Sul totale, la maggior parte aveva tra i 31 e i 40 anni d’età; inferiore è stata la richiesta d’aiuto da parte di minorenni, ma negli ultimi tre anni si è registrato un aumento dei contatti di ragazze tra i 15 e i 17 anni. Il 52% è coniugata, mentre il 25% convive, un 15% è separata e l’8% è single.
La causa principale per cui le donne si rivolgono al Cedav è il maltrattamento tra le mura domestiche (“violenze verbali, derisioni, insulti, svalutazioni, comportamenti di estrema possessività, minacce verbali di aggressione, isolamento dalle relazioni sociali”, si legge sui dati ufficiali), mentre negli ultimi anni sono aumentati i casi di stalking e con questi le donne single bisognose d’aiuto. Le statistiche su quest’ultimo fenomeno sono molto dettagliate: il 72% dei perseguitori sono i partner (anche ex); il 35% usa il telefono, il 25% le email o gli sms, il 10% gli appostamenti veri e propri. Delle 507 donne hanno poi avuto accesso ai servizi offerti dal Cedav, il 46% ha richiesto assistenza legale, il 27% sostegno psicologico, il 18% assistenza sociale.
“Usiamo metodologie sperimentate – ha spiegato Carmen Currò, responsabile del centro –, avvalendoci di professionisti. Ma per lavorarci abbiamo bisogno di qualcosa in più, anche perché bisogna impegnarsi per estirpare la violenza dal senso comune, è un fenomeno antico che va combattuto non solo attraverso le leggi. Bisogna tenere sempre l’attenzione alta”.
Palermo. Il centro Le Onde ha presentato i dati relativi al solo 2010. Delle 562 donne che hanno contattato l’associazione, il 65% è andata oltre la semplice richiesta di informazioni: è stata quindi presa in carico, avvalendosi della semplice accoglienza (59%), della consulenza psicologica (25%) o legale (16%). Un buon 10% è di nazionalità non italiana: “È frutto di attività rivolte proprio alle comunità straniere – ha affermato la psicoterapeuta Anna Immordino – attraverso anche mediatrici culturali”.
Anche a Palermo, la maggioranza delle donne che hanno bisogno d’aiuto ha tra i 31 e i 40 anni, mentre le minorenni sono una minima percentuale, e il 45% sono sposate. Una buona fetta ha un diploma di scuola media inferiore o superiore e ha uno o due figli a carico. Quasi tutte, comunque hanno subito violenze in famiglia (psicologica il 65%, fisica il 55%) dal partner (75%) o ex (21%); tra quelle che hanno subito una violenza extrafamiliare, molte hanno denunciato lo stalking. “È interessante come i dati dei tre centri siano omogenei fra loro – prosegue la Immordino –. Uno dei prossimi passi sarà indagare per scovare le ampie zone di sommerso e lavorare sui minori”.
Catania. Dall’ottobre 2003 all’ottobre 2011 il Centro Thamaia di Catania ha ascoltato 1146 donne. La metà di queste donne ha tra i 36 e i 55 anni, nove su dieci sono italiane, il 43% ha una licenza di scuola media inferiore, il 36% è un’impiegata. Di tutte queste, solo il 31% ha sporto denuncia: “Denunciare è importantissimo – frena Loredana Piazza – ma bisogna farlo con consapevolezza: una volta fatta, si può certamente tornare indietro, ma ciò comporta molta negatività, mentre andare avanti comporta grossi sacrifici”.
I dati dell’associazione etnea mettono in luce anche cause e conseguenze: il 60% delle violenze sorgono da divergenze di opinione o da motivi futili, il 15% dalla gelosia; il 41% porta a paura e difficoltà psicologiche, il 35% a conseguenze fisiche che arrivano all’aborto o a danni permanenti. Infine, nel 71% dei casi l’autore è il coniuge o il convivente, mentre nel 78% dei casi non c’è alcun problema sociale dietro la violenza.


Focus sui dati. Piazza: “Fenomeno tutt’altro che debellato”
“Il coordinamento siciliano tra i centri antiviolenza è nato l’8 marzo 2010 – spiega Loredana Piazza –, ma è stato presentato un anno e mezzo dopo perché c’è stato un grande lavoro alle spalle. Abbiamo interloquito con gli enti locali e questo coordinamento servirà a proseguire quest’opera, per avere sempre un’istanza da portare avanti, fare rete con le istituzioni e pianificare la prevenzione. Ma soprattutto servirà a trovare i finanziamenti: finora siamo andati avanti grazie alle donazioni e al volontariato, è impossibile continuare così”.
Come interpreta i dati che presentate?
“Sono in linea con i dati nazionali ed europei e confermano i dati Istat 2006: il fenomeno è sempre attuale, è lungi dall’essere debellato. Sottolineo che lo stalking, che fa notizia, si attesta a percentuali nettamente inferiori ai maltrattamenti domestici, meno presenti sui media ma che coinvolgono il 90% delle donne che ci chiedono aiuto. C’è un maggiore accesso ai centri antiviolenza, grazie alla maggiore informazione e consapevolezza, ma c’è anche una grossa fetta di sommerso. Le donne hanno necessità di essere accompagnate in questo percorso, attraverso i centri, che fanno la maggior parte del lavoro, ma anche e soprattutto dalla rete che sorge attorno. Non possono essere lasciate sole”.
Fonte: Articolo di Roberto Quartarone pubblicato il 07 dicembre 2011 sul “Quotidiano di Sicilia“.